Recensione n°48: "Il Mozart nero" di Luca Quinti

 

Recensione n°48 - Sezione #libri

Titolo: “Il Mozart nero” di Luca Quinti

Editore: Diastema (2^ edizione 2020)

La mia valutazione: 5 su 5

Lettore di riferimento: per tutti

4^ di copertina: Uno spadaccino di prim’ordine, praticamente imbattuto. Un violinista di rara abilità, elogiato dai musicisti contemporanei che gli dedicarono le loro opere. Un geniale compositore, la cui originalità all’epoca venne ammirata al punto da esibirsi regolarmente alla corte di Maria Antonietta a Versailles e nei migliori salotti musicali. Un direttore d’orchestra, che guidò le orchestre più prestigiose di Parigi, arrivando a collaborare con Haydn nell’esecuzione di alcune delle sinfonie più famose. Un colonnello valoroso in guerra contro i nemici della Rivoluzione Francese, che cercavano di riportare la monarchia. Ma anche uno schiavo o, meglio, un mulatto, figlio di un bianco e di una donna di colore e per questo invidiato, spesso oltraggiato, vittima del razzismo che già all’epoca serpeggiava in Europa (…)

La mia recensione

Luca Quinti, laureato in Lettere e Diplomato in violino, è l’autore di questa interessante biografia sul Chevalier de Saint-Georges, pubblicata da Diastema editrice nella Collana Clio, destinata appunto al genere biografico. Il sottotitolo, appetitoso, recita “L’incredibile storia del Chevalier de Saint-Georges spadaccino, violinista, compositore, colonnello nella Francia del Settecento”.

Mi ero già imbattuto in questo personaggio durante le ricerche effettuate per il mio saggio “I Mozart, come erano” ma, pur curioso, non avevo approfondito la ricerca in quanto non risultavano relazioni dirette con il salisburghese. Questo libro giunge quindi a proposito per colmare le mie lacune.

La narrazione delle vicende legate a colui che, nato schiavo in Guadalupa, verrà conosciuto in Francia, e non solo, con l’appellativo di Chevalier de Saint-Georges, si snoda in modo piano e scorrevole, pur fornendo al lettore desideroso di approfondire, una serie di note a piè di pagina tipiche della produzione saggistica. Cosa che testimonia la ricerca delle fonti attuata da Quinti.

Anticipata da una prefazione del noto violinista Domenico Nordio, la vita di Joseph Bologne (o Boulogne, o ancora Boullongne), vero nome del Cavaliere, viene raccontata in otto capitoli, che sintetizzo così: dalle origini della famiglia a Guadalupa al trasferimento in Francia, dalla provinciale Angoulême alla capitale francese, Saint-Georges e la musica, la conquista di Parigi e le amicizie influenti, massoneria e orleanisti, la carriera militare, la parabola discendente e la morte. In appendice l’albero genealogico della famiglia Bologne e un approfondimento sullo schiavismo in Francia.

Il titolo “Il Mozart nero”, assai solleticante sotto il profilo del marketing, in realtà non è che la ripresa dell’appellativo che gli veniva attribuito all’epoca dei suoi grandi successi, ripreso poi dal libro The Black Mozart di William E. Smith (inserito in bibliografia).

Luca Quinti non si limita a raccontare la biografia del Bologne ma arricchisce la narrazione con utili informazioni relative alla vita musicale dell’epoca a Parigi, fatta di esecuzioni nei salotti aristocratici o nei loro teatri privati e di rappresentazioni pubbliche nei teatri gestiti dallo stato, di concerti nelle sale legate alle formazioni strumentali attive in città (Concert spirituel, Concert des Amateurs ecc., che videro Bologne anche come direttore d’orchestra oltre che come solista virtuoso) fino alle esibizioni a Corte insieme alla regina Maria Antonietta.

Lasciando perdere le doti di spadaccino, nuotatore, pattinatore e soldato, sufficientemente lodate dai contemporanei e che, quindi, possiamo dare per scontate, mi interessa sottolineare il fatto che Saint-Georges sia riuscito in gioventù, partendo da una condizione certo non privilegiata (seppur protetta dall’appoggio paterno), a raggiungere una formazione musicale che gli consentì di essere riconosciuto come un virtuoso dello strumento anche da musicisti valenti come Viotti, Lolli e molti altri. Antonio Lolli, per dire, gli dedicò i suoi due concerti op.2.

Se come virtuoso strumentale l’associazione con il Mozart strumentista può essere in qualche modo giustificata, mi pare che sotto il profilo compositivo tale accostamento sia un po’ esagerato. Il nobile pubblico parigino che, ricordiamo, accettò il fanciullo prodigio di Salisburgo come una curiosa novità ma, quando ritornò nella capitale francese da giovane adulto lo snobbò (ricevendone in cambio parole di fuoco e denigratorie che Amadeus scriveva al padre), non sempre era in grado di capire la qualità musicale di quanto sentiva. I biografi poi, comprensibilmente, si sono fatti un po’ prendere la mano.

Le composizioni di Saint-Georges a noi giunte sono reperibili sia in CD che a stampa (qualche cosa si trova anche su internet). Come operista, stando alle testimonianze, fu creatore di piacevoli arie ma i suoi melodrammi patirono la pochezza letteraria dei librettisti. Per quanto riguarda le composizioni strumentali la sua op.1 (una Sonata per violino solo e basso), venne pubblicata nel 1773, seguita l’anno successivo dall’op.2 (due Concerti per violino principale e piccola orchestra, con archi e fiati). Negli anni successivi pubblicò altri Concerti, Sonate in trio per due violini e basso, due Sinfonie concertanti per due violini e orchestra ecc.

Sono, quelli di Saint-Georges, lavori di piacevole ascolto, ma già segnati dalla patina di uno stile musicale che sta sopravvivendo alla sua epoca. Basti pensare che, pochi anni dopo, Mozart avrebbe portato all’apice le strutture formali del Classicismo mentre il giovane Beethoven le avrebbe rivoluzionate portando la musica verso nuovi orizzonti, neppure lontanamente ritrovabili nei pur piacevoli lavori del mulatto.

En passant cito il tentativo di accostare alcuni passaggi tratti dai lavori di Saint-Georges con simili passaggi mozartiani, inseriti da Quinti nell’epilogo del capitolo 8. Le singole battute musicali riportate in realtà sono comuni passaggi virtuosistici con scale per grado congiunto o per arpeggi o accordi spezzati che, con adeguata ricerca, si potrebbero trovare in moltissimi altri compositori dell’epoca. Non bastano certo per evidenziare legami con le opere mozartiane successive né, a mio parere, neppure a certificare dei “prestiti” che il salisburghese avrebbe copiato dal Bologne (nonostante sappiamo che Mozart, come molti altri all’epoca, non si sia peritato di copiare lavori altrui spacciandoli per propri).

In conclusione, “Il Mozart nero” è un libro piacevole e interessante, che ci presenta un personaggio che possiede tutte le caratteristiche del suo tempo e merita di essere conosciuto. Per chi volesse avere ulteriori informazioni a integrazione del libro, suggerisco di visitare la voce Joseph Bologne de Saint-Georges su Wikipédia in lingua francese, molto ricca e articolata. 

Copyright Diego Minoia

Di Saint-Georges ecco un breve ascolto: l'ouverture dall'opera L'amante anonimo, nell'esecuzione della Chicago Symphony Orchestra  diretta da Riccardo Muti.



Qui, invece, un esempio della musica da camera di Saint-Georges: il Quartetto concertante n°5


 

Visita il mio sito www.diegominoia.it

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