Recensione n°50: "Padolini e la musica, la musica e Pasolini" di Claudia Calabrese

 


 

Recensione n°50 - Sezione #libri

Titolo: “Pasolini e la musica, la musica e Pasolini” di Claudia Calabrese

Editore: Diastema (2019)

La mia valutazione: 3 su 5

Lettore di riferimento: per molti, ma non per tutti

4^ di copertina: … vorrei essere scrittore di musica, scrive nel ’66 Pasolini nella sua autobiografia in versi. L’idea è che la musica sia l’unica azione espressiva/forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà. Claudia Calabrese pensa il suo intenso studio a partire da questa confessione e s’incammina nell’opera e nella vita del poeta che sente musica e suoni come “segnali dell’esistenza” e rivelatori di profondità. Dagli esordi friulani, alla stagione romana, al cinema, Pasolini in ascolto continua la sua ricerca, fino a quando la “rivoluzione antropologica” stravolge l’anima e la realtà ed egli confida: vorrei essere scrittore di musica. Non a caso, nella stessa poesia, aveva detto: in quanto poeta sarò poeta di cose. / … non c’è altra poesia che l’azione reale. A quel punto, la musica appare come l’unica azione espressiva … come le azioni della realtà. (…)

La mia recensione

Per chi, come me, era meno che ventenne al momento dell’assassinio di Pasolini, la figura del poeta è forse più legata a quella del polemista politico in un periodo di vivace ed effervescente contestazione studentesca (fece discutere molto la poesia/invettiva “Il PCI ai giovani”, della quale venne messa in evidenza, ed ancora oggi lo è, la sola frase sui poliziotti figli del popolo) e quella del cineasta provocatore e visionario, da Accattone (1960) a Il Vangelo secondo Matteo (1964), dalla Trilogia della vita (Decameron, 1971, I racconti di Canterbury, 1972 e Il fiore delle mille e una notte, 1974) al postumo e pluricensurato Salò o le 120 giornate di Sodoma (1976). Era l’epoca dei cineforum (quanta nostalgia per quelle serate in cui, nonostante l’ingenerosa macchietta fantozziana sulla Corazzata Potemkin di Ėjzenštejn, si imparava a strutturare pensieri ed a metterli a confronto pubblico con quelli altrui) e grazie a quelli una generazione si affacciava alla cultura cinematografica, dai registi francesi a quelli anglo-americani fino, appunto, agli italiani emergenti e, tra questi, anche Pasolini.

Un libro come questo “Pasolini e la musica, la musica e Pasolini” può risultare utile per aggiungere qualche cosa a chi già lo conosce o per aprire uno spiraglio di curiosità in chi ancora non lo ha frequentato. Certo, il taglio specifico legato alla musica, non presenterà l’artista nella sua globalità ma, pur con questa angolazione parziale, il libro consente di capire lo struggente “dolore di vivere” e la necessità autodistruttiva di Paolini che lo spinsero ad essere sempre “contro”, salvo che nei momenti in cui la musica, come quella di Bach e di Mozart, gli portava lenimento.

Il libro di Claudia Calabrese è la rielaborazione della sua Tesi di laurea e, pur con le modifiche introdotte, mostra le caratteristiche tipiche del “genere” (stavo per dire i difetti, visti dal lato di una pubblicazione saggistica rivolta ad un pubblico più vasto della Commissione di docenti per la Laurea): un linguaggio paludato, attento a mantenersi sui livelli lessicali e stilistici dell’”intellighenzia”, la ricerca a tutti i costi di conferme alla tesi di partenza (che Tesi sarebbe altrimenti?) e un certo livello di ripetitività di alcuni concetti espressi forse qualche volta più del necessario.

L’indice di “Pasolini e la musica, la musica e Pasolini” prevede una prefazione di Stefano La Via, un’Introduzione (che presenta la relazione Pasolini-musica e chiarisce alcune questioni metodologiche), un Primo Movimento (suoni e musiche nella vita e nell’opera di Pasolini),un Secondo Movimento (musica per Pasolini) e una chiusura, Pasolini dopo Pasolini, con interviste a persone legate al poeta da amicizia o da collaborazione artistica (Dacia Maraini, Giovanna Marini, Gianni Ripani e Gianfranco Coletta.

Pasolini non era un musicista. Il suo scritto giovanile “Studi sullo stile di Bach” lo dimostra ampiamente e sembra giustificare l’opinione espressa da Leonard Bernstein nel suo libro “La gioia della musica”: “La maggioranza dei romanzieri, gli scrittori in genere, appena si avventurano a parlare di musica dicono soltanto sciocchezze. E le dicono spesso”.  Pasolini, dicevo, non era un musicista in quanto percepiva la musica come livello espressivo ed emotivo, slegato da significati immanenti, come si evince da questo suo passo:”Nella musica abbiamo le vere parole della poesia; cioè parole tutte parole e nulla significato”. La discussione sul significato e sul senso della musica del resto era all’epoca allineata a quest’idea (si vedano i libri del compositore Franco Donatoni e gli interventi dei compositori d’avanguardia, per esempio John Cage, un “provocatore” del livello di Pasolini).

Nonostante ciò la musica ha fatto parte del suo pensiero, seppur in modo frammentario, per tutta la sua vita, e in “Pasolini e la musica” questo aspetto viene analizzato a fondo. Musica e suono, prima legati alle sonorità del dialetto friulano e delle villotte che faceva cantare al coro di giovani da lui creato, poi, dopo il trasferimento a Roma, alle più rudi articolazioni del dialetto romanesco delle borgate ed a quelle, più melense, delle canzoni popolari allora in voga. Infine , in modo più razionale e intenzionale, nell’uso che della musica fece nei suoi film, come substrato emotivo e “reale” alle immagini, a volte in assonanza ma, più spesso in stimolante contrasto con esse.

Anche il rapporto tra Pasolini e la musica di consumo, popolare o pop che fosse, è interessante da esplorare, così come i tentativi (suoi e di altri, come gli appartenenti al collettivo poetico/letterario/musicale dei Cantacronache, fondato nel 1957 da Sergio Liberovici e Michele L. Straniero) di creare testi letterari per canzoni che ne migliorassero il livello qualitativo.

Interessante nel libro, sebbene di taglio decisamente musicologico, la parte relativa alle composizioni di Sylvano Bussotti (Memoria con voci e orchestre) e di Ettore de Carolis (Danze della sera) con frammenti di testi tratti da poesie di Pasolini.

Il voler/dover cercare le relazioni tra la musica e specifici momenti della produzione pasoliniana introduce nel libro una certa frammentarietà ma, in definitiva, il mosaico che emerge da “Pasolini e la musica, la musica e Pasolini” risulta interessante e stimolante.

Copyright Diego Minoia

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